Il fenomeno degli hikikomori è una sfida sociale e psicologica che interessa sempre più Paesi, a partire dal Giappone da cui il tutto è partito, inclusa l’Italia. Si tratta di giovani (e non solo) che scelgono di isolarsi dalla società, rinunciando alla scuola, al lavoro e alla vita sociale per lunghi periodi.
Il termine hikikomori è stato coniato dallo psichiatra giapponese Tamaki Saitō e deriva dai verbi giapponesi hiku (“tirarsi indietro”) e komoru (“ritirarsi, chiudersi in sé stessi”). L’elemento centrale di questa condizione è il ritiro sociale volontario, spesso radicato in fragilità psicologiche, esperienze traumatiche, bullismo, difficoltà familiari e un forte senso di inadeguatezza rispetto alle pressioni esterne.
Le origini del fenomeno hikikomori
Gli hikikomori sono comparsi in Giappone a partire dagli anni ’70 e ’80, in un contesto segnato da alta competitività scolastica e forti aspettative lavorative. Inizialmente, a ritirarsi erano soprattutto ragazzi di famiglie benestanti, incapaci di sostenere le pressioni sociali. Con il passare del tempo il fenomeno si è ampliato, includendo anche le donne e legandosi a nuove cause, come la dipendenza da Internet e l’uso intensivo della comunicazione digitale.
Oggi il ritiro sociale non è più un fenomeno esclusivamente giapponese: casi di hikikomori vengono segnalati in tutto il mondo, e anche in Italia la problematica è in crescita, tanto da richiedere l’attenzione di psicologi, famiglie e istituzioni.
Il ruolo della tecnologia: rischio e opportunità
La tecnologia svolge un ruolo ambivalente nel fenomeno degli hikikomori.
Da un lato, Internet, videogiochi, social network e piattaforme di streaming offrono un rifugio virtuale che può sembrare rassicurante. Questa “vita online” permette di mantenere interazioni senza affrontare il contatto diretto, ma allo stesso tempo rischia di rafforzare l’isolamento, rendendo più difficile il ritorno alla realtà.
Dall’altro lato, se utilizzata in modo consapevole, la tecnologia può diventare uno strumento di cura:
- Telemedicina e telepsicologia: consentono ai ragazzi isolati di entrare in contatto con professionisti senza dover uscire di casa, rappresentando spesso il primo passo verso la riabilitazione.
- Realtà virtuale (VR): permette di simulare situazioni sociali, aiutando a ridurre gradualmente l’ansia e a recuperare competenze relazionali.
- Comunità online di supporto: se guidate da esperti, possono trasformarsi in spazi di condivisione positiva, in cui ex hikikomori raccontano la loro esperienza e offrono sostegno a chi sta ancora vivendo l’isolamento.
Un approccio integrato per affrontare gli hikikomori
Il fenomeno degli hikikomori è uno specchio della società contemporanea e ci invita a riflettere sul nostro rapporto con la rivoluzione digitale. Non è Internet il problema, ma l’uso che ne viene fatto.
Per contrastare l’isolamento sociale serve un approccio multidisciplinare, che coinvolga famiglie, scuole, psicologi e istituzioni, senza trascurare il ruolo della tecnologia come possibile ponte di reintegrazione.
La sfida è costruire un equilibrio tra connessioni reali e virtuali, trasformando il digitale da strumento di fuga a risorsa per ricostruire legami.