E se internet smettesse di esistere? Uno scenario ipotetico, ma non impossibile

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Claudia

Claudia

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In ogni momento della nostra vita, in ogni luogo del mondo, anche quelli apparentemente più inaccessibili, dispositivi di ogni forma e dimensione dimostrano che internet non è più solo un’infrastruttura, ma un locus digitale in cui si svolge gran parte dell’esistenza sociale, lavorativa ed economica del mondo intero, con tutte le implicazioni che ciò comporta.

Ma cosa accadrebbe se, improvvisamente, la rete smettesse di funzionare? È uno scenario remoto, ma possibile. E forse meno fantascientifico di quanto si possa immaginare perché, al contrario di quanto per decenni si è creduto, internet non è una realtà indistruttibile. È una rete fisica fatta di cavi, server, satelliti e centri di smistamento dati, basti pensare che secondo un calcolo effettuato da TeleGeography, oggi oltre il 95% del traffico internet globale viaggia attraverso circa 550 cavi sottomarini, estesi per oltre 1,4 milioni di chilometri. Cavi che possono essere danneggiati da eventi naturali, incidenti o azioni intenzionali.

In realtà qualcosa di simile è accaduto nel 2022, quando un’interruzione di cavi sottomarini tra Taiwan e le Filippine ha isolato per ore intere aree del Pacifico e guardando al futuro, il Global Risks Report 2024 stilato dal World Economic Forumil, ha inserito le minacce informatiche tra i rischi più probabili e devastanti del prossimo decennio.

Sono ipotesi allarmanti, è vero, ma se internet dovesse spegnersi, anche solo per 24 ore, il contraccolpo sarebbe enorme, le  comunicazioni digitali cesserebbero, niente email, messaggistica istantanea, viedeocall. Le transazioni bancarie, ormai in larga parte online, sarebbero interrotte, causando il blocco di pagamenti elettronici e prelievi da ATM, per non parlare del commercio, compreso quello on line, che nel 2023 ha superato i 5.800 miliardi di dollari di valore.

E ancora, sanità, trasporti, energia e sicurezza, che dipendono ormai interamente da sistemi informatizzati e reti di comunicazione online, senza Internet, perderebbero l’accesso ai dati clinici e ai sistemi di telemedicina, mentre i sistemi di controllo del traffico aereo e ferroviario sarebbero irrimediabilmente compromessi. Infine, sarebbe il caos globale per l’intero sistema dell’informazione che farebbe un salto indietro di decenni, ritrovandosi senza siti, social network, piattaforme ufficiali, con una conseguente limitazione delle circolazione delle informazioni in tempo reale.

La dura realtà è che nessuno ricorda più come si vive senza internet e sebbene in molti auspicano un ritorno all’analogico che obblighi a ripensare i rapporti interpersonali, l’accesso alla conoscenza e il concetto stesso di comunità, una recente ricerca pubblicata su Nature Human Behaviour, ha dimostrato che la disconnessione forzata provoca nei soggetti isolamento psicologico, ansia e difficoltà relazionali già dopo poche ore.

Va considerato anche l’aspetto geopolitico. Internet è un’infrastruttura globale, ma ci sono Paesi come Russia e Cina che lavorano da anni con reti nazionali controllate capaci di isolarsi dal resto del web in caso di crisi internazionale, questo significa che un blackout globale potrebbe trasformarsi in una guerra digitale, in cui la rete diventa un’arma strategica e tutto questo non ha nulla a che fare con teorie complottistiche, dato che già due anni fa, nel 2023, il CyberPower Index dell’Harvard Kennedy School, ha ufficializzato il cyberspazio come quinto dominio bellico, accanto a terra, aria, mare e spazio.

Nel mondo della letteratura e della filmografia, tutto questo rientra nel genere distopico e fa molta paura, ma in un contesto sociale illuminato, la consapevolezza che la rete non è un sistema infallibile, dovrebbe diventare un’occasione per riflettere sulla dipendenza dalle infrastrutture digitali e sulla necessità di investire nella resilienza tecnologica, sviluppare protocolli di emergenza e sistemi di backup locali per garantire i servizi essenziali anche in caso di blackout informatico.

Ma soprattutto, ragionare su un recupero dell’autonomia analogica e delle relazioni umane, perché il vero incubo, non è la morte di internet, ma coprire di non saper più vivere senza.